Polpettone propagandistico: se volessimo liquidare in due parole American Sniper di Clint Eastwood non sarebbe affatto sbagliato descriverlo così. Racchiude tutte le banalità della classica narrazione cinematografica “eroica” degli Stati Uniti d’America: il ragazzone dai buoni sentimenti, bravo con la fidanzata, la famiglia e gli animali (anche se orgoglioso cacciatore), parte in guerra per difendere la patria; la guerra è dura e lo piega, ma non lo spezza: il nostro eroe tornerà a casa ottimo padre e marito.
Detto questo non possiamo non renderci conto di trovarci di fronte ad una sorta di summa di tutto il genere, e non possiamo non ammettere che abbiamo pagato volentieri per vedere quello che forse è un capolavoro della propaganda statunitense. Ai tempi del fascismo la propaganda veniva infilata, con ilarità degli italiani, prima dei film attraverso i cinegiornali, ma ora l’italiano (e il mondo intero) si mette in fila, compra il biglietto e si spara due ore di lavaggio del cervello.
Nel film troviamo la classica ideologia statale americana: il mondo è diviso in lupi (i nemici degli Usa), le pecore (il popolo americano) e i cani pastore (l’esercito che difende il gregge). Ma la stessa visione del mondo, traslata a livello globale, indica come – se i lupi sono sempre coloro che di volta in volta vengono considerati nemici dalla politica americana – le pecore siano gli altri popoli del mondo sotto sfera di influenza yankee e i cani pastore gli Stati Uniti, appunto il gendarme del mondo “occidentale”.
Sarebbe banale sottolineare come nel film manchi del tutto una spiegazione o analisi del significato della guerra che i protagonisti portano avanti in Iraq: il Bene si fronteggia al Male senza esclusione di colpi, siano essi bambini, donne, ma non i cani del nemico, sempre graziati. Soltanto popoli castrati come il nostro quando tentano di riflettere sul proprio passato e presente mettono avanti riflessioni critiche, tarpando le ali per il proprio futuro. Gli Stati Uniti si confermano potenza ideologica e per questo andrebbero ammirati e presi ad esempio.
Non mi vergogno ad ammettere di essermi commosso durante i titoli di coda, quando vengono proiettate le immagini dell’autentico funerale del soldato la cui storia ha ispirato il film, in un tripudio di bandiere a stelle e strisce e una marea di cittadini per le strade. Solo chi ama la propria Patria riconosce l’amore per le altre e per le altre culture, e anche se gli Stati Uniti sono senza ombra di dubbio il nostro nemico principale e rappresentano il punto più basso della civiltà, non possiamo che tributargli il rispetto che ogni popolo merita. Clint Eastwood fa elogiare al proprio eroe l’infantile motto “Dio, Patria e Famiglia” ed è incredibile pensare che mentre il protagonista lo pronuncia è l’intero popolo americano ad affermarlo. E’ in questa semplicità e autenticità di pensiero che risiede la forza della potenza Usa, una forza che solo chi non è sottomesso ad altri poteri può avere.
In definitiva la differenza fra noi e loro risiede tutta qui: pur avendo un patrimonio di cultura, intelligenza, storia incommensurabile, noi oggi siamo una colonia. Loro hanno uno Stato, noi un’amministrazione. Noi abbiamo Roberto Benigni, loro Clint Eastwood.
Matteo Guinness